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SENZA IDENTITA' NON V'E' APPARTENENZA

 

 

Centralità della persona ed Economia Civile, la lezione degli economisti napoletani del 700

 

Procida Capitale della cultura 2022 - Intervento Ing. Carlo Bernardo

 

Sappiamo che la centralità della persona è al cuore degli insegnamenti di Papa Francesco, pertanto mi piace ricordare che sono giusto 8 anni dal 25 novembre 2014 quando il Papa fece un Discorso appassionato al Parlamento Europeo in cui il concetto di Centralità e Dignità della persona ebbe vasta risonanza. In quella occasione il Papa ci ricordava che la dignità umana è al cuore del progetto politico dell’Unione Europea, così come pensato dai padri fondatori.

In quella occasione ha evidenziato che affermare la centralità della persona umana si esplica in tante forme: la democrazia, il rispetto per la libertà religiosa, l’educazione, la famiglia, le fragilità, la ricerca scientifica, la difesa dell’ambiente, il clima, il lavoro, la questione migratoria.

Manifestò l’auspicio di costruire un’Europa che ruoti non intorno all’economia ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili della persona umana.

La questione dell’economia è un tema molto a cuore e molto all’attenzione di questo Pontefice in quanto si inserisce nella sua opzione preferenziale per i poveri come emerge dai vari documenti apostolici, in particolare le Encicliche Laudato Sì e Fratelli Tutti oltre che l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.

Secondo papa Francesco, “la dignità di ogni persona e il Bene Comune sono questioni che devono strutturare tutta la politica economica, e non essere considerate come mere appendici. Debbono costituire la base dei programmi che mirano a un autentico sviluppo integrale (cf EG n. 203)”.

In questo paragrafo della Evangelii Gaudium il Papa evidenzia le parole che sono diventate scomode per questo sistema.

Dice infatti: -Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia-.

Al paragrafo successivo (EG n.204) è aggiunto: “Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore (ri-)distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi”.

Questi documenti del Papa, della Chiesa, sono fatti per tutti noi, per tutti noi che ci interroghiamo sulle ingiustizie del mondo, noi che magari ci arrovelliamo su che fare e però snobbiamo i documenti che ci aiuterebbero a capire come ciascuno di noi potrebbe dare il proprio contributo per un mondo più giusto.

Tenendo presente i tanti documenti della Chiesa, nel tentativo di fare una sintesi per arrivare ad un discorso compiuto, occorre partire dal conosciutissimo e tanto declamato motto della modernità “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”.

Papa Francesco, nell’Enciclica Fratelli Tutti, ci ricorda che nelle relazioni umane improntate a questo motto, la parola Fraternità è stata dimenticata.

Ci dice che per costruire relazioni sociali edificanti dobbiamo riprendere questo termine dimenticato.

Tra le indicazioni di carattere generali il Papa dice che “Non è sufficiente sperare che i poveri raccolgano le briciole che cadono dalla tavola dei ricchi”. Il cosiddetto sgocciolamento.

Nelle attuali condizioni storiche di globalizzazione dei mercati e finanziarizzazione dell’economia, una guerra di tutti contro tutti a livello planetario, nemmeno l’effetto sgocciolamento si può più verificare.

Sono necessarie azioni dirette a favore dei più svantaggiati, l’attenzione per i quali, come quella per i più piccoli all’interno di una famiglia, dovrebbe essere prioritaria per i governanti.

Ci vuole proprio l’apporto specifico ed insostituibile della politica, urge una politica che non sia succube del capitalismo finanziario, ma che si ponga a servizio del bene comune (cf EG n. 205)

Il Papa dice alla Società Civile che, tra le cose da fare, occorre reimpostare un nuovo modello, un nuovo paradigma dell’Economia.

Questo nuovo modello, conosciuto ormai come Economia di Francesco (con riferimento a San Francesco d’Assisi) si rifà all’Economia Civile dell’Abate Antonio Genovesi, napoletano, in cui la reciprocità, la mutua attenzione tra i partner della relazione, è la cifra distintiva.

L’economia Civile è stata insegnata nell’Università di Napoli del settecento, ed il primo docente di questa disciplina è stato proprio l’Abate Antonio Genovesi, docente dal 1754 fino alla sua morte.

Questa scuola di pensiero subisce una prima dèbacle con la rivoluzione francese e poi un maggior colpo gli viene assestato con il Risorgimento e tutto ciò che ne seguì.    

Oggi l’EC è stata riscoperta per merito del Prof. Stefano Zamagni dell’Università di Bologna e dal Prof. Luigino Bruni docente alla LUMSA di Roma che ne ha proseguito l’opera. Collabora anche la suora economista Alessandra Smerilli.

Questa disciplina è ora insegnata nella Università Cattolica (LUMSA di Roma), Università Sophia di Loppiano, detiene quindi un impianto solido e ben strutturato capace di comprendere la complessità del nostro tempo.

Sappiamo che l’Economia Civile dell’Abate Antonio Genovesi fu aspramente criticata dal maggiore economista e politico dell’ottocento, tale Francesco Ferrara che apparteneva a quella scuola di pensiero laicista che guardava oltralpe per reperire modelli per la costituzione del paradiso in terra. Non a caso si esprimeva cosi: «i meriti della fondazione dell’economia appartengono a Smith inglese, od a Turgot francese, non a Genovesi, a Verri, a Beccaria»

Ma la cosa strana è che, quando era in vita, la Chiesa dell’epoca non fu tenera nei confronti dell’Abate, fu piuttosto tollerato ma mai apprezzato.

Avendo però ricevuto un incarico di docente nell’Università Statale di Napoli possiamo arguire che la classe dirigente politica e la casa reale dell’epoca, erano più aperti al nuovo e disponibili nei suoi confronti rispetto alla Chiesa di quei tempi.

Questo per dire che non è scontata l’adesione di Papa Francesco e della Chiesa verso questa visione dell’economia.

Se la cifra distintiva dell’Economia Civile è la Reciprocità, quindi la fratellanza, il rispetto per l’altro, nel modello di economia di Adam Smith è invece solo e soltanto il profitto che nasce dalla libertà d’impresa. Una libertà senza responsabilità, senza legami, senza vincoli, senza attenzione all’ambiente e senza attenzione all’altro ma piuttosto nel cercare di convincerlo con pseudo consigli per gli acquisti. Una economia, spesso, predatoria.

Non a caso, nelle migliori scuole di management americane per dirigenti, il testo fondamentale è “L’Arte della guerra” del cinese Sun-Tzu. Un testo di psicologia della guerra scritto da oltre due millenni.

In più, con l’avvento della globalizzazione, ora l’economia è diventata il regno dei fini e la politica il regno dei mezzi, in buona sostanza l’economia comanda e la politica esegue.

Una visione ed una prassi che porta inevitabilmente ai conflitti armati.

Nella visione del pensiero dell’Economia Civile, al centro del discorso economico c’è l’uomo nella sua integralità.

E quindi la Politica deve definire i fini e l’Economia deve definire i mezzi per raggiungerli.

Papa Francesco non si scaglia contro l’economia di mercato, ma contro questo modo di interpretare l’economia.

Per esprimere questo concetto cita l’episodio dell’incontro di Zaccheo con Gesù.

Zaccheo è un uomo odiato perché, da ebreo, è al servizio dell’impero dell’epoca, quello dei romani. Zaccheo è un pubblicano cioè raccoglie le tasse per i dominatori.

Inoltre ci mette di suo una ulteriore cattiveria; fa i soldi con i soldi, diremmo oggi.

Gesù – spiega Papa Francesco – non chiede a Zaccheo di cambiare il proprio lavoro, né di denunciare la propria attività commerciale; lo induce però a cambiare atteggiamento, gli chiede di porsi liberamente, immediatamente e senza discussione, al servizio degli uomini.

E Zaccheo si ravvede, obbedisce e promette anche di restituire quello che ha rubato.

Vale la pena ora evidenziare alcuni aspetti dell’Economia Civile, per capire meglio di che si tratta.

Certamente questo mio dire non può e non vuole essere una lezione sull’Economia Civile a cui sono dedicati corsi universitari, ma qualche concetto, qualche idea, credo valga la pena sottolinearla.

Questo per suscitare l’interesse verso questa scienza e verso il suo maggiore studioso Antonio Genovesi, una personalità che è stato messo nel dimenticatoio della Storia.

Anzitutto c’è da dire che da qualche decennio è terminata l’epoca delle rivoluzioni industriali e con la crisi dei sistemi del socialismo reale il sistema capitalistico non è stato più messo in discussione.

Negli ultimi decenni l’unica novità, in peggio, è stata la globalizzazione dei mercati e la finanziarizzazione dell’economia, cose che inizialmente avevano creato illusioni di chissà quale futuro radioso.

In tutto questo l’Economia Civile rappresenta un laboratorio di teoria e prassi che prova ad immaginare un futuro diverso da quello che ci viene prospettato dalle oligarchie finanziarie globali.

L’Economia Civile è una visione tipicamente meridiana, nata a Napoli, recepita anche in altre parti d’Italia ed ora anche in varie parti del mondo. È una via diversa rispetto all’economia di mercato oggi dominante che sta guidando, plasmando il mondo e le nostre menti.

L’Economia Civile, se ben capita, è in grado di farci sognare, di darci l’entusiasmo e dare la carica necessaria a chi vuole costruire un mondo migliore.

L’Economia Civile di Genovesi faceva riferimento a termini quali: felicità, reciprocità, fiducia.

Alla base del pensiero Genovesiano vi era una visione ottimistica dell’uomo, diversamente dalla visione pessimistica di Adam Smith che riteneva che il Bene Totale poteva nascere dal gioco degli interessi privati di individui egoisti, dove era poi la cosiddetta “mano invisibile” ad aggiustare le cose.

Alcuni concetti e termini chiave che si incontrano nella scuola di pensiero dell’EC, sono:

Socialità qualificata intesa come reciprocità, amicizia, mutua assistenza, fraternità.

Relazionale, nel senso che chi inizia la relazione si prende cura degli interessi dell’altro senza domandarsi se ci sarà o no la reciprocità in quanto si basa su un investimento in fiducia.

Cooperativa, nel senso che l’agire insieme, comunitario, produce sicuramente frutti copiosi. Pensiamo alle grandi e piccole cattedrali della cristianità costruite col lavoro volontario di migliaia di persone.

Fiducia, termine chiave inteso sia come fiducia pubblica che come fiducia privata e che esprimono la precondizione dello sviluppo economico. Fiducia privata intesa come reputazione di una persona e fiducia pubblica inteso come amore per il bene comune e amore per le istituzioni.

Lo stesso Genovesi dice: “Questa parola fides significa corda che lega e unisce.

La fede pubblica è dunque il vincolo delle famiglie unite in vita compagnevole”.

Lavoro come luogo di buona esistenza quindi come opera che ti gratifica e non come attività alienante e pertanto si capisce che il profitto non è il solo elemento di cui tener conto.

Etica nella gestione dei beni comuni: Aria, acqua, ambiente, foreste, pesca. Non si può pensare che sono di proprietà del più forte del momento.

 

Conclusione

Sorge a questo punto una domanda.

Sono attuali gli insegnamenti dell’abate Antonio Genovesi?

È attuale l’Economia Civile? Oppure è solo una visione di Papa Francesco?

C’è da dire che Antonio Genovesi è stato prima di tutto un educatore, dalla sua scuola sono usciti migliaia di giovani entusiasti del suo pensiero.

Ha formato le menti alla gestione della complessità, della connessione e della interconnessione dei saperi. Ha dato una visione sistemica della realtà. Ha proposto ed attuato una nuova visione pedagogica, ha proposto l’idea di premialità della virtù. Tutti temi certamente attuali.

La sua visione pedagogica riguarda campi diversi del sapere, voglio ricordare come esempio un suo discepolo di Brindisi che ha scritto un trattato di Architettura Civile.

L’Economia Civile è attuale?

Certo, è attuale in tutti i suoi aspetti.

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