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LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO
di Antonio Ciano
 
Le persecuzioni
Tutti sanno che l'Ordine dei Gesuiti, da sempre, è stato innalzato, a volte, agli onori della Chiesa, e a volte è stato vituperato dai governi del mondo cristiano. Apprendiamo dall'opera di W.V. Bangert "Storia della Compagnia di Gesù" a pag 418, che dalla Spagna i gesuiti vennero cacciati da Carlo III, per il quale i religiosi rappresentavano un ostacolo nella realizzazione dell'assolutismo monarchico: essi infatti avevano sempre preso posizione contro la filosofia regalista e avevano un forte legame con l'aristocrazia ostile alla politica del sovrano. Inoltre, il ministro Campomanes accusò falsamente i gesuiti di essere gli istigatori di una rivolta, inducendo Carlo III a credere che essi stessero complottando contro di lui. Tutti questi elementi concorsero a spingere il re a emettere il decreto di espulsione il 27 febbraio 1767. Gli altri Stati borbonici imitarono presto l'esempio spagnolo: Ferdinando IV, spinto da Tanucci, espulse i gesuiti da Napoli e Sicilia nel novembre 1767 e il duca di Parma Ferdinando, consigliato da Du Tillot, cacciò i religiosi dai suoi stati nel febbraio 1768. I Borboni, dobbiamo dirlo, soppressero la Compagnia di Gesù per motivi seri. Ferdinando IV di Borbone, con l'Editto Reale del 3 novembre del 1767, a seguito di una denuncia della Giunta degli Abusi, con la determinante approvazione del primo ministro del Regno, Bernardo Tanucci sono stai confiscati gli immensi beni dei Gesuiti. Il reddito e la vendita dei quali, tutti comprati dalla Stato, servirono ad istituire le prime scuole pubbliche nell'intera penisola italiana,ospedali e caserme per l'esercito. Le scuole, prima, erano appannaggio dei religiosi, che fomavano le giovani generezioni. La scuola, secondo Bernardo Tanucci, doveva essere statale e laica. Fu steso anche un regolamento composto di sei articoli.( Francesco Renda, Bernardo Tanucci e i beni dei Gesuiti in Sicilia, Roma Edizioni di Storia,anno 1974, pag 251) La confisca non fu violenta, anzi, ai monaci fu assegnata una pensione mensile di sei ducati, pari a 72 ducati annui. La cifra non era disprezzabile. Basti pensare che cento anni dopo, nel 1859, ai carabinieri e ai cacciatori del 13° battaglione sapettava uno stipendio di 51 ducati e 83 grana annui (Boeri,Crociani, Fiorentino, L'Esercito Borbonico dal 1830 al 1861, Stato maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico,Roma, 1998, tomo1, pag 153). I preti non furono maltrattati, nè vi furono violenze. I religiosi erano circa 800 e molti, non essendo regnicoli, furono sbarcati nei territori degli stati pontifici e accolti nei conventi romani. Non fu così in Piemonte e negli stati annessi, dove furono requisiti e saccheggiati quasi tutti i conventi, non solo gesuiti, ma di tutti gli ordini religiosi.
Ancora oggi nelle scuole italiane viene insegnato agli alunni che il Piemonte liberale diede alla penisola la libertà e soprattutto la liberò dalla tirannia del Papa e dei Borbone. Niente di più falso. Quella “liberazione” fu invasione militare, una maledetta annessione e colonizzazione. Mai l’Italia conobbe barbarie più crudele, mai l’Italia conobbe tirannìa aguzzina come quella del periodo post-risorgimentale. Mai la Chiesa di Roma conobbe umiliazioni e martirii come nell’età cavourriana e savoiarda. L’Armonia, giornale cattolico, nel 1860, illustrò e condusse un’interessantissima inchiesta sulla repressione in atto in Piemonte contro il Clero, contro la Chiesa Cattolica, contro i preti ed i monaci. La Civiltà Cattolica ne riporta un sunto che noi, grati, prendiamo in visione per far conoscere quale e quanta poca libertà vigeva in quel regno.
Il 2 marzo del 1848 dal Regno di Sardegna furono espulsi i Gesuiti, ritenuti dai governanti il nemico feroce da abbattere per poter poi infrangere le varie forme di nazionalità allora esistenti in Italia. L’avvocato carbonaro Cesare Leopoldo Bixio, genovese,l’8 giugno del ’48, perorando la causa di un suo progetto di legge alla Camera dei deputati torinese paragonò i Gesuiti alle vespe: “... i villici quando uccidono le vespe ardono e distruggono il vespaio perchè non tornino” disse testualmente. Chi era il nemico che insidiava il Regno di Sardegna nel suo progetto di invadere e colonizzare il resto d’Italia?. Chi erano le vespe? Dove nidificavano gli alveari? La Pellicciari a pag.16 del suo libro Risorgimento da riscrivere1, avvalorando e rafforzando le nostre tesi espresse ne I Savoia e il massacro del Sud dà la risposta ai quesiti: le vespe, secondo il deputato Bixio, erano da identificare con i Gesuiti e gli alveari da bruciare con le chiese e le case dell’Ordine in varie città. La maggioranza dei parlamentari subalpini, quasi tutti massoni, carbonari e liberali, erano sulla linea di pensiero di Bixio..
Gioberti, per la spietatezza con la quale si annullavano i diritti religiosi e le libertà fondamentali degli individui, se ne vergognò e chiese ai parlamentari piemontesi se era quella la generosità verso i sacri diritti della sventura. Il 10 giugno i liberal-massoni, alla Camera torinese, si scagliarono indecorosamente contro il vescovo di Nizza, reo, secondo i suoi denigratori, di aver negato una sepoltura cristiana ad un tale morto impenitente. Ma era solo un pretesto. L’orgia massonica s’era abbattuta sul parlamento torinese, i truculenti deputati della setta devastatrice si attenevano agli ordini dei Gran Maestri venerabili che eseguivano i dettami segreti della Gran Loggia di Londra. Bixio, Cornero, Valerio, Chenal, Sulis, Bottone, Bastian, Ferraris, Ravina si arrovellavano utilmente alla causa liberal-massonica. Nel Parlamento torinese, ormai votato alla causa massonica, aleggiava la direttiva funesta di un’Italia da amministrare centralisticamente dai Savoia. Lo Stato più retrivo d’Italia avrebbe dovuto dare luce allo stivale! Al suo servizio la massoneria londinese mise uomini, denaro e mezzi, soprattutto denaro ed oro. Il 18 luglio alla Camera torinese si discusse e si votò la soppressione dell’ordine degli Oblati; il 25 agosto si decretò l’espulsione definitiva dei Gesuiti e delle Dame del Sacro Cuore dallo Stato. Il 15 settembre il ministro Pinelli scrisse una lettera arrogante ed insolente all’Arcivescovo di Vercelli. Il 4 di ottobre fu pubblicata la legge sull’istruzione pubblica condannata dai vescovi e dal l Papa.3
Il 20 novembre,a Genova, ci furono dimostrazioni di piazza contro il clero, manovrate dal Governo che “consigliò” agli ecclesiastici di lasciare la città.
L’8 dicembre il Presidente del Consiglio Universitario, con una circolare proibì ai candidati di sottomettere ai vescovi la revisione delle tesi teologiche. Il 25 dicembre Rattazzi impose ai Vescovi un visto del Governo qualora il clero avesse voluto entrare in questioni politiche.
Il 1848 fu l’anno della guerra del Piemonte contro l’Austria, ma firmata la pace fu iniziata quella contro la Chiesa: a luglio 22 parroci di Genova protestarono per i ripetuti attacchi della stampa locale contro il clero; il 22 agosto alla Camera dei deputati vi fu una seduta tempestosa contro il Vescovo di Asti e contro l’Arcivescovo di Torino; il 26 settembre il Governo sabaudo notificò alla Santa Sede che non avrebbe più riconosciuto l’exequatur alle dispense matrimoniali sopra il primo grado di affinità.( cosa che ci sembra giusta, poteva trattarsi di unioni incestuose). Il 17 novembre 10.154 capifamiglia presentarono al Governo una petizione per far ritornare in sede l’Arcivescovo di Torino, ma tale preghiera fu respinta.
Il 2 gennaio 1850, fu apposta apposta la mano regia sulla mensa Arcivescovile di Cagliari. A febbraio il Ministro Siccardi fece citare in giudizio il vescovo di Saluzzo “ per rendere conto ai Ministri d’un suo indulto per la Quaresima”. Il 25 febbraio lo stesso Siccardi presentò al parlamento torinese la legge che porta il suo nome e che sarà approvata il 9 di aprile dello stesso anno. A maggio i savoiardi imprigionarono l’arcivescovo di Torino nella cittadella. Stessa sorte toccò all’arcivescovo di Sassari. A luglio arrestarono di nuovo l’arcivescovo di Torino e perquisirono gli Oblati della Consolata. Il 26 di agosto il ministro conte Benso di Cavour approvò le misure contro il capo della chiesa torinese. A settembre monsignor Fransoni fu condannato, spogliato dei panni talari ed espulso. La via dell’esilio toccò al vescovo di Sassari ; la stessa sorte toccò ai Padri Serviti di Torino scacciati con misure extralegali. Nello stesso mese i mastini della polizia savoiarda arrestarono il predicatore quaresimale di Mondovì: carcere duro per due mesi, dopo liberato innocente. La stessa sorte toccò ad un altro predicatore di Cuneo tenuto in carcere per 45 giorni. Fu pure espulso il celebre canonico Audisio dall’Accademia di Soperga. A novembre il Ministero avrebbe voluto procedere in via d’appello per abuso contro il vescovo di Acqui ma la Magistratura di Casale si oppose a tale pratica.
Il 15 gennaio del 1851 il deputato Brofferio, schifato dalla politica piemontese contro la Chiesa cattolica, ironicamente alla Camera pronunciò tali parole:”Non avendo potuto sopprimere gli Austriaci, almeno sopprimiamo la Compagnia di San Paolo”.(4 La storia del Piemonte è riassunta nella frase del Brofferio “Il Piemonte non ha mai vinto una guerra”, mai, eccetto quella contro i preti e monaci che provvedeva anche a fucilare. Il 17 marzo il deputato Peyron propose alla Camera una legge contro i voti religiosi; il 18 la polizia sequestrò una mitra ed un calice che i cattolici di Genova avevano offerto al loro concittadino vescovo di Torino. Il 13 maggio il ministro della Pubblica Istruzione ebbe la pretesa di imporre ai vescovi come dovevasi insegnare la Teologia. Il 28 di giugno fu perquisito il convento dei Francescani di Alghero e si tassarono i beni della Chiesa con una imposta chiamata della mano morta. Il 6 di agosto fu concesso ai Valdesi di costruire una loro chiesa a Torino. Il 22 di agosto la Chiesa protestò ufficialmente contro quel governo che permetteva gli insegnamenti e gli insediamenti protestanti mentre la Chiesa Cattolica era sistematicamente perseguitata. Il 17 gennaio del 1852 la venerabile Compagnia di San Paolo fu spogliata dell’amministrazione e del possesso di tutti i suoi beni dopo che una Giunta Governativa l’ebbe trovata meritevole di tutta la pubblica riconoscenza.Il 12 giugno il ministro Boncompagni presentò un disegno di legge sul matrimonio civile che di fatto sostituiva quello religioso. Ai religiosi che con petizioni ne chiedevano la revoca, il ministro degli Interni diede una singolare risposta: emanò una circolare che li metteva tutti sotto la particolare sorveglianza dei prefetti, dei sindaci e di altri agenti governativi. Lo stesso ministro stabilì pure che solamente all’autorità civile competeva l’accordare licenza di lavorare nei giorni festivi. I governanti piemontesi stavano attuando la rivoluzione liberale tanto cara a Pannella e alla Maciocchi. Il massimo della libertà massonica fu applicata nei confronti del conte Costa della Torre, consigliere della Corte di Cassazione che, per avere scritto un libro contro il matrimonio civile, fu processato e condannato a due mesi di carcere e 2000 lire di multa.
Il conte Costa della Torre, inutile ricordarlo, dopo la condanna fu rimosso dall’ufficio. Il 19 settembre il Papa Pio IX scrisse una lettera a Vittorio Emanuele II, gli chiedeva quali erano i delitti del Clero, quali i nomi dei rei. La risposta del sovrano savoiardo non pervenne mai al Vescovo di Roma. Risposero i deputati torinesi: essi , in una seduta della Camera, chiamarono barbari, ambiziosi ed ipocriti i vescovi subalpini, proprio loro che erano usciti dalla barbarie grazie alla Chiesa di Roma. Oggi siamo noi a chiamare ipocriti e barbari quei deputati e possiamo chiamarli a voce alta anche assassini e ladri. Noi del Sud ce lo possiamo permettere, nessuno ce lo può impedire, nemmeno i tribunali di questa repubblica. La lista delle carcerazioni e delle ingiustizie subite dalla Chiesa di Roma e dai suoi umili servitori è ancora lunga. Nel gennaio del 1853 tre parroci di Ronco, di Villaregio e di San Giusto furono imprigionati rei di intrighi e ribellioni;(5) il 10 gennaio in Savoia fu sciolta e spogliata dei suoi beni la Compagnia delle Suore della Compassione. A maggio fu limitato il numero dei chierici e dei novizi da dispensarsi dalla leva. Il 29 giugno Pio IX protestò contro il Governo piemontese del massone Camillo Benso di Cavour che da tre anni non rispettava più le clausole del concordato stipulato da Benedetto XIV e Re Carlo Emanuele III il 5 gennaio del 1741. Per tutta risposta il Cavour secolarizza l’Economato Apostolico e nell’ottobre dello stesso anno fa emanare dal Ministero degli Interni una circolare contro i pastori delle anime ed una contro gli Ordini Regolari; il 27 di ottobre la Questura di Torino emette un’altra circolare contro i parroci.
E’ probabile che i nostri lettori mai a scuola abbiano sentito parlare delle persecuzioni e dei maltrattamenti riservati ai religiosi cattolici nel regno savoiardo, dei saccheggi e degli spogli dei beni subiti dai conventi che l’Armonia ci ha illustrato e che La Civiltà Cattolica ci ha dato l’opportunità di conoscere.
Nel settembre del 1854 la polizia di Camillo Benso, reputato da molti Padre della Patria, non quella Duosiciliana però, si accanì contro un parroco della Contea di Nizza: cercava nella sua casa l’isola del tesoro.(5) Ad ottobre si cacciarono da Alessandria i padri Serviti; a novembre fu violato il cimitero cattolico di Novara; il 28 dello stesso mese Cavour fece presentare al Parlamento una legge contro i conventi. L’episcopato torinese dichiarò quella legge ingiusta, illegale ed antisociale, ma Cavour e la sua dottrina liberal-massonica se ne infischiavano della legalità e della socialità.
Nel gennaio del 1855 L’Indépendant d’Aosta propose pubblicamente il seguente tema da svolgere: Io non credo, né Dio, né il diavolo(6) . qui si voleva insegnare l’ateismo agli scolari. Pio IX fu costretto per l’ennesima volta a richiamare alla ragione i miserrimi governanti torinesi. Il Conte di Cavour, il 6 febbraio del 1855 alla Camera dei deputati ne trasse argomento per deridere il Papa e contemporaneamente allertò il Ministero degli Interni per far sorvegliare i parroci affinché in chiesa non facessero allusione all’allocuzione pontificia. Ma non era finita. Il 22 febbraio dello stesso anno, il Cavour dichiarò pubblicamente alla Camera che tutti gli ordini religiosi sarebbero stati soppressi a cominciare dai più ricchi. Il 9 di marzo sedici parroci della Val D’Aosta, accusati di tumulti, furono dichiarati innocenti dal tribunale; si accertò che quei religiosi erano intervenuti unicamente per sedare una sommossa contro il Governo. Il 26 di aprile l’episcopato offrì al governo piemontese la somma di £ 928.412 per rimpolpare le casse che Cavour aveva svuotando con la sua folle amministrazione finanziaria. Il Primo Ministro piemontese rifiutò l’offerta ma subito dopo soppresse tutti i conventi.
Il 29 maggio soppresse pure l’Accademia Ecclesiastica di Superga. Il 6 di giugno l’Arcivescovo di Torino protestò ufficialmente contro la legge di soppressione dei conventi; per tutta risposta il 29 dello stesso mese con una circolare ministeriale si sottomisero le scuole delle monache alla vigilanza governativa; il 12 luglio la polizia invase il convento di Santa Chiara a Cuneo; il 20 sfondarono le porte del convento dei Cappuccini ed il 15 di ottobre le monache della Marchesa di Barolo furono costrette a non insegnare più. Il primo di novembre Cavour fece di più, trasformò in bettola il convento della Consolata e il 13 fece presentare alla Camera un disegno di legge che proclamava la libertà di usura.
Il 1856 comincia con un indirizzo dei protestanti al Re: si congratulano per le opere da lui compiute. Era stato costruito il fossato di Cavour!!! I protestanti piemontesi non sapevano che a Napoli i Borbone avevano bonificato tutte le paludi del Regno, costruivano vapori in ferro e la gente camminava sui treni mentre loro, i piemontesi andavano ancora per mulattiere costruite dai romani. Il 2 di gennaio la Maga di Genova regalò al Papa la bocca di un cannone. Il 3 gennaio furono congedati dal Municipio di Torino gli scolari delle scuole cattoliche perché proclivi a sostenere le autorità ecclesiastiche; il 26 di marzo nella Camera dei deputati venne ingiuriato il Vicario Capitolare di Fossano; il 27 dello stesso mese i plenipotenziari sardi presentarono al Congresso di Parigi una nota contro il Governo Pontificio; a maggio i vescovi protestarono di nuovo contro una nuova legge sulla pubblica istruzione; il primo di giugno si processò il parroco di Verres per non aver voluto accettare come padrino in un battesimo uno scomunicato; il 9 di giugno dal Ministero degli Interni uscì una circolare che imponeva agli agenti di polizia di sorvegliare il clero; il primo di luglio dello stesso anno un’altra circolare segreta ribadiva che si sorvegliassero le azioni dei parroci; il 15 luglio il ministro protestante Bert attestò che molti cimiteri cattolici erano stati violati con sepolture protestanti per ordine delle autorità civili. Il 26 di luglio fu processato il parroco di Bosconero: innocente. Il primo di settembre furono messi sotto torchio gli agenti della Cassa Ecclesiasatica nel Convento dei Padri Agostiniani di Genova; il 23 dello stesso mese l’Intendente di Oneglia destituì una maestra perché era andata in processione! Il 25 ottobre del 1856 la polizia invase il convento della Novalesa i cui monaci furono tutti cacciati e messi sulla strada.
Il 10 gennaio del 1857 il deputato Antonio Gallenga si dimise reo confesso d’aver attentato alla vita di Carlo Alberto per ordine di Mazzini ed il Conte di Cavour comincia a ricevere attestati e medaglie dai liberali. Il 18 gennaio l’accusatore dei parroci valdostani ritrattò la calunnia; il 26 dello stesso mese alla camera dei deputati torinese si chiese che fosse eliminato ogni insegnamento cattolico dall’istruzione pubblica. A febbraio si pubblicò una statistica dalla quale risultò che a causa delle circolari e delle leggi cavourriane contro i conventi erano finiti sulla strada ben 7.850 monaci e religiosi. Erano stati altresì cacciati dai loro monasteri i Padri Serviti di Genova, i Domenicani di Alessandria, gli Agostiniani di Carmagnola, i Cistercensi di Cortemiglia, gli Olivetani di Quarto, i Carmelitani di Torino. Il 29 di aprile il conte di Cavour, osannato dai liberalucci come grande tessitore, dichiarò alla Camera che non era possibile alcun concordato con la Chiesa di Roma; il 22 di maggio al Senato si ingiuriò il clero savoino. Cavour, che era solito recarsi a Parigi nelle case di piacere lasciando alle maitresse bei soldini, per tutta risposta al clero savoino, diede licenza che dette case si potessero aprire anche nella terra che diede i natali ai Savoia. Il 30 luglio il vescovo d’Ivrea deplorò pubblicamente i furti sacrileghi, per tutta risposta il 13 di agosto il ministro Rattazzi emise una circolare contro l’alto prelato. Il 15 novembre si tennero le elezioni generali , i conservatori cattolici vinsero ma la maggior parte dei loro deputati furono rigettati dalla Camera. Quella era la libertà di Cavour e del regime liberal-massonico torinese.
Negli anni 1858 e 1859 il Governo piemontese continuò a perseguitare la Chiesa.
Il 28 di aprile del 1859 il conte di Cavour con un decreto sospese la stampa del giornale cattolico l’Armonia. Viva la libertè!!!
E le aggressioni continuano
Intanto le aggressioni continuavano a mietere vittime innocenti: morirono Zuavi che correvano a difendere il Sacro suolo, contadini che si vedevano bruciare i campi e saccheggiare i raccolti, le case e le cantine, le donne che si opponevano alle violenze della soldataglia piemontese e soprattutto dei mercenari che Cavour osava chiamare volontari . Orvieto fu saccheggiata in modo feroce e barbaro e così altri comuni e villaggi; le orde dei pirati e saccheggiatori, comandate da ufficiali piemontesi, commisero infamie talmente atroci che era necessario per i Savoia tenerle nascoste. Oggi finalmente possiamo riscrivere la storia e gridare al mondo quale civiltà i savoiardi portarono nel Centro - Sud. Assassinii, ruberie, saccheggi che, in modo diverso, continuano anche oggi. Noi ci affidiamo ad una cronaca d’epoca del Giornale di Roma: << Ingrossata sempre più quell’orda di volontari stipendiati e guidati da ufficiali piemontesi mascherati da volontari, la sera del 19 in numero di circa quattromila, con cinque compagnie di truppa regolare piemontese vestita di bluse turchine, mosse sopra Viterbo che fino a quel momento aveva goduto della più perfetta tranquillità, ed era aliena da sconvolgimenti. La guarnigione Pontificia, impossibilitata a fare utile resistenza, si ripiegava con armi e bagaglio ordinatamente verso Roma. Impossessatisi i Piemontesi della Città proclamarono Vittorio Emanuele, e la rivoluzione. Dessa non è che l’opera dell’obbrobriosa invasione piemontese. I sudditi Pontifici non violentati dall’esercito invasore rimarrebbero tranquilli, e varrebbero a respingere e comprimere qualunque moto rivoluzionario come accadde a Rieti( vedi il Giornale di Roma di ieri) in cui il solo delegato Apostolico unito ai cittadini disperse un’invasione di rivoluzionari napoletani >>
(Civiltà cattolica, vol.VIII,serie IV anno 1860,pag120)
L’Europa civile rimase ammutolita ed attonita di fronte alla barbara invasione che i Savoia fecero passare per rivoluzione italiana.
La Francia cattolica protestava, ma l’Imperatore Napoleone III, affiliato carbonaro e quindi esecutore di ordini, soddisfatto dell’acquisto della Savoia e di Nizza, permise, in cambio, che il vigliacco Piemonte di Cavour assalisse i pacifici territori della Chiesa con l’esclusione del solo Lazio. I Piemontesi, emuli di Carlo VIII e di Enrico VIII, per ordine della massoneria inglese, tolsero le giurisdizioni ai vescovi, annullarono le donazioni ai Corpi Morali, assoggettarono al Regio Placet tutte le provvisioni ecclesiastiche; cominciarono a perseguitare monache, frati e preti, a schernirli; si diedero a saccheggiare paesi, villaggi e città, a violare castelli e conventi; ghermirono i beni ecclesiastici; iniziarono a tartassare i cittadini di balzelli e di tasse.(La Civiltà Cattolica,serie Vol.VIII,serie IV, anno 1860, pag 252) Oggi l’Italia è forse il paese più tartassato del mondo grazie ad un sistema fiscale che è PIE-MON-TE-SE. Ma i vari Ministri delle Finanze non lo sanno o più semplicemente fanno finta di non sapere.
Cavour, servo degli inglesi e della massoneria diede un ordine significativo al commissario di Perugia:” Mettete in atto misure energiche contro i frati. Avete fatto egregiamente di occupare dei conventi per ivi ricoverare gli emigrati di Viterbo. Procedete così onde scemare la lebbra del monachesimo che intisichisce i paesi rimasti sotto la dominazione romana”.
Siamo al punto topico della strategia savoiarda e massonica interpretata alla lettera dal liberal-democratico primo ministro piemontese, dalla cosiddetta destra moderata italiana. Il nemico da battere era dunque il comunismo monacale, considerato “lebbra” dal “grande pupazzo” piemontese che doveva imporre in Italia, per conto della grande loggia di Londra, il libero mercato che tutti conosciamo, con le sue storture, con le ruberie, con gli eccidi.
Tutto cominciò in Piemonte il 25 febbraio del 1850, quando il regime fece presentare dal Siccardi, allora Ministro della Giustizia, una legge contro il Foro ecclesiastico ed altre corbellerie contrarie al Concordato tra Stato e Chiesa del 1841, inserito, tra le altre cose, nello Statuto Sardo. Non appena approvata la legge Siccardi, monsignor Fransoni, l’Arcivescovo di Torino, ordinava con una bolla al suo clero di attenersi alle norme del Concordato. Il 29 aprile dello stesso anno monsignor Fransoni fu incarcerato e poi esiliato a Lione in Francia.
Il generale Fanti, appena messo piede nelle Marche, imprigionò il cardinale di Fermo De Angelis, ad Ancona il cardinale Antonucci, a Foligno il cardinale di Iesi Morichini. Incatenati, furono portati a Torino i Delegati Pontifici di Pesaro e Macerata (😎 ( Giacinto Sivo,Storia delle Due Sicilie,Edizioni Brenner, Cosenza, Anno 1985, pag 246) e con essi molti preti e sacerdoti, contadini e pastori.
I generali Cialdini e Fanti che attuarono il saccheggio dei conventi, inviarono i loro squadroni a seviziare le popolazioni cattoliche di quei territori. Il capitano Masi ed i suoi mercenari provenienti da ogni parte d’ Europa ad Orvieto profanarono tutte le chiese ed i conventi rubando pissidi, ori ed argenti votivi,
ANTONIO CIANO
 
PS. liberamente tratto dal suo profilo FB
 

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