IL SUD LO URLA DA TROPPI ANNI, INASCOLTATO DAI SUOI SACCHEGGIATORI. FORSE ADESSO COMINCIANO A CAPIRE...
di Pino Aprile
Che dici, avranno capito? Una cosa così non si era mai vista. Anzi, sì, ma hanno fatto finta di nulla e tentato di far tacere le voci dissonanti, come se tappando la bocca al messaggero, non esistesse più il messaggio. Che era questo: la pazienza è finita, voi siete il nemico, ora lo sappiamo. La misura è colma e non riuscirete a dividerci ancora e metterci l'uno contro l'altro, mentre ci derubate, con la complicità di ascari locali.
Glielo aveva detto Napoli, con il fenomeno Luigi de Magistris, un senza partito che ha raso al suolo i partiti nazionali, forti di poteri di governo e soprattutto di sottogoverno, organizzazioni sul territorio, banche, appalti, finanziamenti. Il Pd che aveva da sempre (quasi) in mano la città, si è ridotto all'11 per cento, incluso voti comprati (il famoso video...) e primarie con uso di cinesi ed immigrati. Napoli era e resta, a dispetto di un secolo e mezzo di demolizione sabaudo-padana, la capitale del Sud, l'ex Regno delle Due Sicilie. Il segnale era forte, fortissimo: non un urlo, un boato.
Come hanno risposto i “poteri”? Attacchi contro il sindaco e la città (usando gli strumenti nelle loro mani: giornali del Nord, tv pubblica, in un furioso “sputtanapoli” come mai prima); cafonate istituzionali da bulli di quartiere, come andare, il Bomba Renzi, da capo del governo, a un incontro a Napoli con il prefetto, sulle questioni cittadine, non avvisando il sindaco e portandosi appresso l'inutile candidata del suo partito, di fatto un privato cittadino.
Sottrazione di poteri, addirittura con una sorta di “requisizione del territorio”, commissariando l'area di Bagnoli, mettendo le mani sui finanziamenti e sugli appalti della bonifica (aspetta e spera). Risultato? Napoli rielegge de Magistris.
Ma, invece di trarne riflessioni e conseguenze, rincarano la dose. E se da Napoli vedi la banda del buco politico-affaristica finanziare un treno da 1800 milioni di euro nostri per “guadagnare” altri 15 minuti sulla tratta ferroviaria già più veloce e meglio servita d'Italia (Milano-Roma), mentre le corse della circumvesuviana vengono ridotte per mancanza di soldi, sulle linee locali circolano treni dismessi per acciacchi e vetustà dal Piemonte (con ancora i nomi delle stazioni sabaude in tabellone) e a Napoli tocca festeggiare l'arrivo di autobus urbani dismessi dalla Polonia, “in buono stato”, con sette anni di servizio; e nonostante tutto, spendendo bene soldi europei, la città si dota della metropolitana più bella del mondo e gli indici percentuali di crescita turistica diventano i più alti d'Italia..., beh, che ti aspetti di essere pure votato, signor Renzi?
Glielo aveva detto Michele Emiliano, facendo notare al suo partito che un più corretto ascolto del territorio portava voti. Invece di tenersi caro uno dei pochi che ancora conquistava consensi, il bulletto dell'Etruria e papà Consip gli ha fatto una guerra sguaiata, da cafone come ha dimostrato di essere a Napoli (la gita dal prefetto): atteso alla Fiera del Levante, se ne va a New York alla finale di tennis, mentre non si preoccupa di ridurre la sua presenza istituzionale a spot pubblicitario dei suoi padrini, come Fiat-Fca di Marchionne. Dichiara guerra anche alla Puglia, per far capire che se il presidente eletto non gli piace, gli elettori devono pagarla cara: il governo (come quelli prima e quello dopo, sempre a guida Pd-confindustriale) interviene a gamba tesa contro il diritto di tarantini e brindisini alla salute, mettendosi al servizio dei padroni, pure futuri, dell'ex Ilva, del gasdotto Tap. Ogni decisione della Regione e persino sentenze della magistratura che vanno nella direzione della tutela della vita e della salute dei pugliesi, viene aggirata da norme e decreti ad hoc del governo, che addirittura sottrae ai poteri locali quello di dire la sua su questioni così grandi.
L'unica presenza dello Stato su cui non si risparmia sono poliziotti in assetto anti-sommossa e abbattitori di ulivi con la scusa della Xylella (non letale per quegli alberi). Così, anche i pugliesi sanno chi è il nemico e lo stesso Emiliano rischia di pagare in consensi i tentativi di mediazione che il ruolo istituzionale gli impone; ma soprattutto non essere riuscito a smantellare certi feudi personali del Pd, limitandosi a portarli dalla sua parte. E si è visto quanto siano stati apprezzati gli “emilianidi” in queste urne. È l'unico che sostiene la collaborazione con i cinquestelle, contro il suo stesso partito.
Glielo avevano detto i meridionali, quando tutte le Regioni del Sud erano finite in mano al Pd e si era presentata l'occasione, mai vista prima nella storia repubblicana, di coordinare l'azione dei presidenti terroni e delle loro Regioni, per rilanciare un Mezzogiorno ormai alla disperazione, che perde i suoi figli dopo essersi svenato per formarli e che, per la terza volta in un secolo e mezzo è in crollo demografico (la prima volta, con l'arrivo degli sterminatori piemontesi a scopo “unitario” e “liberatorio”; la seconda per la pandemia dell'influenza spagnola, dopo circa 60 anni): un disastro umano di portata continentale, ma di cui i governi italiani se ne fottono e forse godono: il sospetto è che sia proprio quello che vogliono. Il rischio che il Sud potesse, in quanto monocolore, agire all'unisono e avere potere contrattuale, li ha terrorizzati: lo stesso capo del governo (e suoi tirapiedi) si premurarono di chiamare a uno a uno i presidenti di Regione del Sud, per... sconsigliare di aderire all'invito di Emiliano a un'azione comune. Il Sud va spolpato pezzo a pezzo.
Glielo avevano detto i terroni, bocciando in blocco, con percentuali quasi bulgare, il referendum truffaldino per introdurre, fra le altre cose, nientemeno che il “federalismo differenziato”, con cui sarebbe divenuto costituzionale il diffenziato accesso a diritti fondamentali quali la salute, l'istruzione: l'apartheid abolita in Sud Africa veniva introdotta, con il trucco, in Italia. I diritti non più derivanti dalla cittadinanza (sono italiano), ma dal reddito (se te li puoi comprare), arrivando, magari, una volta avviati su questa strada, al voto per censo (ovvero solo da un certo reddito in su: un ritorno al passato, in fondo)? A quel punto, il referendum (“quello che è mio è mio, e quello che è dello Stato, ovvero di tutti, è pure mio”) lo fanno Veneto e Lombardia, mentre l'Emilia Romagna fa partire la cosa per vie burocratiche. La pagliacciata leghista in salsa catalana viene presentata come la rivoluzione dei garofani. Dovrebbe aprirsi un dibattito vero, serio, nel Paese, in Parlamento, per capire dove si va a parare con quella cialtronata. Invece nulla. Salvo scoprire che, a poche ore dal voto di ieri, il governo-travicello di Gentiloni firma con le tre Regioni un “accordo” che mette sui binari le richieste di trasferimento di nuovi poteri e altri fondi pubblici. Una follia, fa osservare il professor Gianfranco Viesti (unico: tutti zitti gli altri. Vergogna!): intanto, la portata della cosa è tale che andava lasciata al nuovo governo e non firmata con l'ultimo fiato da un governo morente (è chiaro che l'han fatto per “fottere” i cinquestelle: metti che vincano loro?); e poi, follia nella follia, si fa nascere, a questo modo, una nuova figura di Regione, non chiaramente definita, che non è speciale, né ordinaria. Insomma, persino mentre cadeva, il governo ha sferrato l'ultimo calcio al Sud.
E hai il coraggio di stupirti se ti arriva la batosta che ti è arrivata? Guardate la mappa del voto: il vaffanculo al Pd e ai suoi alleati di centrodestra (hanno governato insieme a Verdini, Alfano, con i voti di Flavio Tosi, condannato per razzismo, ex leghista, a garantire la maggioranza “alla sinistra”, e con le astensioni del noto “delinquente” pregiudicato per evasione fiscale) colora esattamente i confini dell'ex Regno delle Due Sicilie. È la fotografia dell'azione dello Stato italiano nel secolo e mezzo di presunta “unità”. Lo dico diversamente: l'Italia non unita ha isolato e colonizzato “le nuove provincie che abbiamo appena conquistato, Maestà”, come scriveva il ministro Manna a Vittorio Emanuele II. Per tutto questo tempo, la presunta Italia unita ha sottratto a Sud e portato a Nord, prima con le armi, poi con le leggi e i furti impuniti. Il risultato è che sotto quel confine sono stati scavati un solco e un gradino, che il voto di ieri, semplicemente, rendono visibile.
Più o meno quello che rispose Pablo Picasso al tedesco che gli chiedeva del suo quadro sul bombardamento di Guernica: «Lei ha fatto questo?». «No», rispose, «lo avete fatto voi».
P. S. Quanti parlamentari mancano al centrodestra, per avere la maggioranza? Qualcuno di voi ricorda che l'ex cavaliere (perduto il titolo perché non più degno) è stato condannato per aver “acquistato” anche un senatore, Sergio De Gregorio (lo convinse con un assegno congruo...)?